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Home Forum | La Fantascienza e gli altri generi... | Urania Mondadori | Discussione: I Libri di Maxpullo 2010 «prec succ»
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  Autore  Discussione: I Libri di Maxpullo 2010  (letto 150760 volte)
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I Libri di Maxpullo 2010
« data: 08 Gennaio 2010, 11:10:07 »
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Un anno importante...

Il 2010 sarà un anno importante, non solo perchè tra due anni finisce tutto e quindi non ci si dovrà più preoccupare dello spazio in casa occupato dalle nuove collane o del TFR simpaticamente devoluto ad opere di bene, ma anche perchè sarà un anno ricco di impegni e di sfide.
Dopo due anni di articoletti e recensioni sento infatti di essere a un bivio (e, conoscendomi, quasi certamente imboccherò la strada sbagliata) e per dirla come il buon Carlo Verdone, "o sfonno o m'abbrucio"... nel senso che, pur avendo ancora molto da raccontare e tante storie da presentare, inizio un po' a sentire il peso di questo cimento e, mentre gli scorsi anni buttavo giù un commento senza pensarci troppo, con irruenza ed entusiasmo, le ultime schede sono state un pochino più "ragionate"... sarà la vecchiaia? O forse sarà che questa rubrica, nata quasi per gioco, è diventata una sorta di diario di vita che racchiude ed al contempo cela le gioie e i dolori che si accompagnano al mio vivere quotidiano?
...
Bene!
Con questo angosciante e pesantissimo interrogativo, anche per quest'anno, ho esaurito la giusta dose di serietà che si conviene a questo appuntamento!
Diamo quindi fiato alle trombe, ci sia il consueto "Pullo di tamburi" che le cose da raccontare sono tante e se mai iniziamo mai finiremo!
A presto

Maxpullo

PS
Chi fosse interessato al "riassunto delle puntate precedenti" può dare una sbirciatina ai tre e-book che ho raccolto qui.
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #1 data: 08 Gennaio 2010, 11:54:19 »
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Oltre la vita - parte seconda

Nella prima edizione della rubrica, in una scheda che ormai sarà stata sicuramente dimenticata (ma che se volete trovate qui), presentai il romanzo "Fluke l'uomocane" di James Herbert, da sempre uno dei miei libri preferiti.
Uno dei motivi per cui amo quel libro, oltre alla storia narrata che è al contempo divertente e commovente, c'è il fatto che leggendolo si riesce anche ad avere chiara in mente l'immagine di quello che è forse il vero "senso della vita" e, pur senza avere alcuna certezza, si ha quasi la sensazione che l'autore sia riuscito ad avvicinarsi moltissimo al grande mistero dell'esistenza e della vita dopo la vita. Ben difficilmente, infatti, si riuscirà a trovare una storia in cui la spiegazione del creato e del suo scopo sia più semplice e più bella.
Nonostante il primato di Fluke non sia assolutamente in discussione, c'è, tuttavia, un altro romanzo che mi sento di accostargli e che, sebbene assai diverso per trama e per sviluppo dal capolavoro di Herbert, ci presenta un'altra convinciente immagine dell'aldilà.
Sto parlando di "Poltergeist", Urania 940, romanzo firmato da James Kahn ma tratto da un soggetto cinematografico di Steven Spielberg da cui è stato realizzato il film omonimo per la regia di Tobe Hooper.

    Nonostante l'ambientazione horror e la naturale classificazione del libro in questo genere, ho trovato che la storia contiene diversi elementi propri della fantascienza, come ad esempio quello dei piani paralleli di esistenza e delle altre dimensioni.
L'aldilà che ci presentano Steven Spielberg e James Kahn, infatti, non è un luogo sovrannaturale di premio o di tormento dell'anima dopo la vita terrena, ma bensì è una realtà diversa dalla nostra, un differente piano di esistenza in cui l'anima si trasferisce dopo la vita e che, in determinate condizioni, può avere dei punti di contatto con la nostra realtà, dando origine a fenomeni strani, affascinante e terribili allo stesso tempo.
La vera forza del libro è quella di non dare mai nulla per scontato: abbandonati i clichè e gli stereotipi dell'horror classico e delle storie di fantasmi senza capo nè coda, il libro si avventura coraggiosamente alla scoperta di una nuova dimensione, presentandoci fatti concreti, dati, immagini e sensazioni che hanno quasi il sapore della realtà scientifica e che ci permettono di sbirciare, con un occhio privilegiato, dietro una porta che normalmente dovrebbe essere chiusa.
Grazie a questo espediente, la storia si costruisce quasi da se, in modo molto naturale, celandosi dietro il dramma della bambina scomparsa e perduta nell'altra dimensione, senza bisogno di particolari effetti speciali nè di artifici narrativi elaborati.

Non mancano le trovate originali, come ad esempio l'idea di sfruttare le onde radiotelevisive per comunicare con l'altra dimensione e certamente non mancano i momenti toccanti o spettacolari come quando nel salotto della casa si sentono lungo le pareti i passi della bambina che fugge spaventata, quasi a rivelare tangibilmente la realtà del contatto tra i due diversi piani di esistenza.
L'aldilà di Poltergeist, ricco di entità sovrannaturali, di mostri, di spiriti tormentati, ma anche illuminato da una misteriosa e salvifica luce bianca è ben lontano dall'avere quel senso di ordine e di serenità che ispira l'universo di Fluke, ma gli si accosta idealmente per la semplicità e la linearità della sua concezione, secondo un modello che nessun rasoio di Occam può ulteriormente ridurre.
Ed è proprio la semplicità della storia, senza fronzoli e senza spiegazioni ardite a far conservare intatto il fascino di questo libro anche a distanza di anni ed a farne senza alcun dubbio uno dei capolavori di sempre dell'horror fantascientifico.
« Ultima modifica: 08 Gennaio 2010, 12:06:09 di maxpullo » Loggato
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #2 data: 08 Gennaio 2010, 12:03:17 »
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A suo modo, il 2010 sarà un anno importante anche perché vi cade il 50° anniversario di pubblicazione de "Il grande ritratto" (1960) di Dino Buzzati, l'unico suo romanzo interamente di fantascienza. Secondo me, anzi, il suo capolavoro.

Solo che è la sua unica opera non reperibile in commercio, se non frugando tra le librerie antiquarie: allora che senso ha recensire un libro impossibile da leggere?? Sigh. Mesi fa ho buttato lì in Mondadori l'ipotesi di ripubblicarlo, ma temo che abbia fatto l'effetto di una goliardata, invece era sul serio...
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #3 data: 15 Gennaio 2010, 16:19:00 »
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Catastrofi: introduzione

Che si tratti di un miracolo o che si tratti invece di pura casualità, è impossibile negare che l'esistenza dell'uomo sulla Terra sia il risultato di una serie di circostanze e coincidenze abbastanza singolari ed uniche. Una serie di equilibri casuali o voluti da una entità onnipotente ha fatto si, ad esempio, che la Terra si trovasse alla giusta distanza da una enorme bomba all'idrogeno persa nel cosmo. Un'altra serie di circostanze ha fatto si che sul Pianeta ci fosse il giusto equilibrio di elementi chimici per garantire la presenza di una atmosfera in grado di schermare i devastanti effetti delle radiazioni di questa bomba. E si potrebbe proseguire ancora citando il fatto che il solido terreno che abbiamo ogni giorno sotto i piedi in realtà è una sottilissima crosta che scivola impercettibilmente (o quasi) su un letto di materiale infuocato. Messa così la cosa è facile comprendere perchè, nonostante un millenario progresso scientifico e tecnologico e nonostante una ostentata sicurezza nelle proprie capacità di dominare l'ambiente, l'uomo rimanga ancora sgomento, terrorizzato e spesse volte anche impotente, di fronte allo scatenarsi delle forze della natura.
Da sempre scrittori, poeti e filosofi hanno provato ad esprimere questo senso di inadeguatezza dell'uomo di fronte al creato ed il senso di pericolo latente che questo ispira, mentre gli scienziati tentavano vanamente di razionalizzare e studiare le colossali forze in gioco che garantiscono il delicato equilibrio che permette la nostra esistenza, ma nonostante gli scritti, le teorie e gli studi, ogni volta che c'è un terremoto, una inondazione o anche una semplice tromba marina, la paura si riaffaccia, mista stranamente ad una sorta di perverso magnetismo che ci porta a contemplare affascinati anche il fenomeno più spaventoso. Al proposito i romantici parlavano di senso del "sublime" intendendo con ciò il "fascino dell'orrendo" ovvero proprio quel misterioso impulso che ci spinge a guardare affascinati il mare in tempesta, un vulcano in eruzione o un tornado, anche se questi minacciano la nostra incolumità.
L'atavica paura della catastrofe insita in ognuno di noi, la volontà di razionalizzare, studiare e comprendere i fenomeni che ci circondano ed il senso del sublime ispirato dallo scatenarsi delle forze della natura si legano, infine, indissolubilmente all'imperativo categorico della sopravvivenza ed è proprio da questo mix di quattro elementi fondamentali che ha la sua scaturigine uno dei filoni più ricchi ed interessanti di tutta la fantascienza, quello cosiddetto "catastrofico".
Nonostante gli elementi fondamentali siano bene individuati, tuttavia, è pressochè impossibile tentare una qualsivoglia classificazione dei romanzi all'interno di questo filone come pure decidere in modo univoco quali romanzi ascrivere ad esso e quali invece no: scopo di questa scheda sarà quindi quello di presentare una serie di libri che affrontano l'argomento "catastrofe", evidenziandone pregi e difetti, ma senza entrare in una analisi letteraria approfondita dei loro elementi caratteristici.
Altro elemento importante da sottolineare è la "causa" della catastrofe, ovvero quel qualcosa che distrugge il delicato equilibrio chimico/fisico/geologico che permette la nostra esistenza: al proposito va detto subito che in questa scheda, verranno presentati esclusivamente quei romanzi per i quali la causa sia ascrivibile all'uomo (ad un suo esperimento), ad un fenomeno casuale indipendente da volontà umana o aliena oppure sia incognita. Non entreranno cioè in questa scheda tutti quei romanzi in cui la catastrofe sia di origine biologica (batteri, virus e pestilenze varie), meccanica (ribellione di macchine e/o robot) o aliena (invasioni extraterrestri e guerre di conquista).
Come ricordavo nel trailer il conto alla rovescia per il 21/12/2012 è iniziato, ma se ci volgiamo a guardare il passato ci accorgiamo che non c'è proprio niente di nuovo sotto il sole: anche nel Medioevo si guardava con terrore l'approssimarsi dell'anno Mille, e qualche anno fa si scatenarono le paure per l'avvento del secondo millennio o per il cosidetto "millenium bug". Sembra quasi che l'uomo, nonostante il suo cosidetto "progresso", abbia sempre bisogno di avere paura di qualche cosa: sarà la memoria razziale che evoca il ricordo catastrofi dimenticate e perdute nei millenni di esistenza della Terra (il diluvio universale, la scomparsa di Atlantide) o piuttosto sarà che non si sente del tutto tranquillo con la sua coscienza e teme che chi ha creato quel delicato equilibrio cui deve la propria esistenza torni indietro a modificare qualcosa?
La risposta ovviamente è nascosta dentro ognuno di noi: in attesa di conoscerla iniziamo ad esorcizzare un po' le nostre paure, con una rassegna di tutte le peggiori catastrofi che mente umana sia riuscita ad immaginare.
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #4 data: 15 Gennaio 2010, 16:56:37 »
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Catastrofi: il cantore delle

Una delle prime storie che presentai in questa rubrica (e precisamente qui) fu "Vento dal nulla" di James Graham Ballard, cruccio e dolore della mia vita collezionistica giovanile, nonchè da sempre portato da me come illustre esempio di un libro che non vale nulla. Gran parte dell'irritazione per questo classico della fantascienza mi derivò non solo dalla lunga attesa prima di poterlo leggere e delle enormi aspettative accumulate, ma anche dal finale ridicolo, con quel punto messo lì all'improvviso e la conseguente affannosa, vana ricerca di eventuali pagine mancanti.
Oggi ho la certezza che potrei anche apprezzarlo, un po' perchè leggo i libri con altro spirito e la mancanza di una spiegazione non è sempre una pregiudiziale se la trama è ben sviluppata, ma anche perchè mi è capitato di leggere assai di peggio e, addirittura, più di una volta mi è capitato di apprezzare a posteriori un libro che anni prima avevo stroncato, ma ugualmente desidero che l'eventuale processo di "riabilitazione" di "Vento dal nulla" sia altrettanto lungo e faticoso di quanto lo fu la mia disperata ricerca di una sua copia.
Ma se questo libro è ancora oggi nella mia memoria come una delle più grandi nefandezze mai apparse nella collana, c'è tuttavia un altro romanzo di Ballard che da sempre gli fa da contrappunto e che considero una delle cose migliori mai pubblicate anche se non proprio un capolavoro.
Sto parlando di "Deserto d'acqua", Urania 648, che, come doveroso tributo al cosidetto "cantore delle catastrofi", ho scelto di utilizzare per l'apertura di questa rassegna.

  La prosa di Ballard in questo romanzo ci guida sapientemente alla scoperta di un nuova dimensione di esistenza.
La catastrofe che ha colpito la Terra e l'ha resa una sconfinata serie di paludi assolate e di foreste pluviali è solo il pretesto per un libro che tenta di scavare a fondo nella psiche umana e di indagare sull'esistenza prima della nascita quando il feto nuota nel liquido amniotico nell'abbraccio del grembo materno allo stesso modo in cui le prime forme di vita nuotavano nelle paludi preistoriche.
I protagonisti del romanzo si dividono allora in due categorie: quelli che vogliono sopravvivere, lottano contro la catastrofe e tentano di ricostituire una qualche forma di civiltà e quelli che, invece, sentono nascere dentro di se il richiamo della palude, dell'acqua calda che li abbraccia e li protegge e che, attraverso il ricordo ancestrale della memoria di razza, li guida verso il sole vivo e pulsante del sud del mondo in una sorta di corsa folle verso un simbolico ricongiungimento con il grembo materno, ma, più verosimilmente, verso l'autodistruzione.
Un libro difficile ed insolito, ma anche affascinante.

E' importante osservare come nel libro la catastrofe non sia il punto centrale della narrazione, ma, come accade spesso anche in altre trame, essa rappresenti piuttosto lo sfondo per l'azione dei personaggi, una sorta di ambiente di studio per analizzare la psicologia e le reazioni umane di fronte all'inevitabile.
Nel libro non ci sono eventi spettacolari e non c'è una lotta feroce contro la natura, ma si scorge piuttosto un placido abbandono ad essa, una sorta di sottomissione ad una entità più grande di cui i protagonisti riconoscono di far parte: in molti tratti più che un romanzo sembra quasi poesia e non si può non apprezzarlo.
Nonostante la sua singolarità rimane un classico intramontabile del genere.
« Ultima modifica: 15 Gennaio 2010, 17:02:46 di maxpullo » Loggato
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #5 data: 16 Gennaio 2010, 09:33:23 »
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Citazione da: maxpullo il 15 Gennaio 2010, 16:56:37

Catastrofi: il cantore delle


Il filone catastrofista è tra i più antichi e venerabili: "Le acque furono sempre più travolgenti sopra la terra e ricoprirono tutti i monti più alti che sono sotto il cielo. Le acque superarono in altezza di otto metri i monti che avevano ricoperto. Perì ogni essere vivente che si muove sulla terra, uccelli, bestiame e fiere e tutti gli esseri che brulicano sulla terra e tutti gli uomini... Così fu cancellato ogni essere che era sulla terra: dagli uomini agli animali domestici, ai rettili e agli uccelli del cielo..."

Kadosh Barukhù, "Acqua alta a Venezia, e non solo", Urania Classici n. -10.000
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #6 data: 22 Gennaio 2010, 07:12:24 »
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Catastrofi: quando la Terra si spacca - parte prima

Se James Graham Ballard, a torto o a ragione, viene universalmente considerato il capostipite del filone catastrofico o almeno uno dei suoi esponenti più di spicco e la sua celebre trilogia (Vento dal nulla, Terra Bruciata e Deserto d'acqua) gli vale il titolo di "cantore delle catastrofi", non bisogna tuttavia dimenticare il contributo di due grandissimi maestri della SF inglese: John Christopher (pseudonimo di Samuel Youd) e Charles Eric Maine (pseudonimo di David McIlwain). Entrambi hanno contribuito ad arricchire il filone con due storie indimenticabili, simili per quanto riguarda la dinamica della catastrofe, ma assai diverse nello sviluppo narrativo e nell'effetto complessivo suscitato dal romanzo.
Questa scheda è dedicata al primo dei due romanzi in questione e precisamente al bellissimo "Una ruga sulla Terra", Urania 463, che per me rappresenta uno dei capolavori assoluti presentati dalla collana, nonchè uno dei romanzi più "completi" del genere catastrofico.
A mio avviso la vera forza di questo romanzo è quella di riuscire a riunire in una unica storia tutti gli elementi propri del filone, dagli aspetti "tecnici" e spettacolari del disastro a quelli psicologici, regalandoci anche delle pagine che sono un memorabile esempio di quel senso del sublime cui si accennava nella scheda introduttiva. Di seguito il commento.

  Senza dubbio questo è per me uno dei milgiori romanzi catastrofici di tutta la fantascienza.
In pochissime pagine John Christopher riesce a sconvolgere il mondo e la realtà che siamo abituati a conoscere: con un pezzo di bravura e di orrore puro quale raramente si vede in un libro, attraverso gli occhi ed i sensi del protagonista, assistiamo attoniti alla rovina della civiltà umana. E' notte, i cani ululano e gli uccelli fuggono: in una atmosfera irreale e quasi da incubo la catastrofe, contro ogni previsione e aspettativa, si abbatte sul mondo e prima ancora che il protagonista possa rendersene conto, egli diventa un supersite, un sopravvissuto, costretto a fare i conti con una realtà nuova che poco a poco dovrà imparare a conoscere.
Attraverso gli occhi di Mattew, pagina dopo pagina, scopriamo le meraviglie e gli orrori di questa nuova realtà in cui mare e terra si sono irrimediabilmente scambiati di posto ed in cui tutte le coordinate geografiche hanno perduto ogni significato. Un mondo in cui la civiltà non esiste più ed i pochi superstiti si guardano con ostilità perchè la morte di uno può significare la vita di un altro.
Ed è a questo punto che la folle marcia del protagonista, alla disperata ricerca della figlia, si trasforma in una marcia onirica attraverso fondali marini venuti improvvisamente alla luce, ma, soprattutto, si trasforma in una appassionante e sconvolgente mostra dei diversi modi di reagire degli altri superstiti rispetto alla catastrofe. C'è chi tenta di riorganizzare una civiltà, chi si abbandona alla disperazione, chi sceglie di vivere uccidendo, razziando e depredando e chi si rifugia nel baratro della follia, in un bestiario umano davvero variopinto, completo e commovente nelle sue sfumature che l'autore è riuscito a cogliere ed a rendere tangibili.

L'avventura del protagonista e del suo giovanissimo accompagnatore in questo mondo sconvolto ed ostile, finirà quindi per trasformarsi in una ricerca di se stessi e del vero significato della vita: la comprensione che il rimpianto di ciò che si è perduto non vale la bellezza ciò che si è trovato renderà il finale particolarmente bello e degno di una grande storia.
Al di là del filone di appartenenza, questo è per me uno dei capolavori più belli che abbia mai letto.
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #7 data: 29 Gennaio 2010, 08:09:22 »
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Catastrofi: quando la Terra si spacca - parte seconda

Mentre "Una ruga sulla Terra" di John Christopher ipotizza una causa naturale per la catastrofe che si abbatte sul mondo, Charles Eric Maine, con il suo celebre romanzo "Il vampiro del mare", Urania 513, non ha esitazione alcuna nel puntare il suo dito accusatore sull'uomo e sulla sua stupidità: lo spaventoso flagello destinato a ridurre progressivamente la terra ad uno sterile deserto è provocato, infatti, da esperimenti umani e non c'è giustificazione alcuna per l'errore commesso.
Da questa semplice considerazione di base diventa facile spiegare la sostanziale differenza che c'è tra le due storie: mentre, infatti, nel romanzo di Christopher, pur nella sciagura e nella devastazione, c'è spazio per un residuo di sogni e speranze per i giusti, in quello di Maine il pessimismo è totale e profondissimo: per l'uomo potrà esserci forse la sopravvivenza della specie, non certo la salvezza e, di fronte alla sciagura, anche l'individuo più "giusto" può trasformarsi in un mostro.

   Sicuramente bello e originale l'incipit del romanzo con la catastrofe che si intuisce appena ma ancora non si vede, poi, però, via via l'attenzione della storia si sposta verso aspetti più propriamente psicologici, rivelando come i valori umani possano essere radicalmente modificati da una situazione in cui entra in ballo la sopravvivenza.
Attraverso l'esperienza del protagonista assistiamo al classico clichè di gran parte dei romanzi catastrofici, con la rovina incipente che bussa alle porte della civiltà e l'umanità che si divide inesorabilmente in due categorie: quelli che grazie ai propri mezzi, alla propria influenza politica ed alla propria posizione sono i maggiori candidati alla sopravvivenza e tutti gli altri, le masse dei derelitti sacrificabili che devono essere ingannati sino alla fine per non ostacolare le operazioni degli altri.
La particolarità della sciagura, infatti, regala all'umanità alcuni mesi in più per potersi organizzare, ma assai realisticamente ed altrettanto crudamente, gli sforzi congiunti dei governi della Terra vengono immediatamente rivolti non già a tentare un impossibile recupero della situazione, ma bensì a garantire a pochi eletti, scelti con criteri discutibili, una agiata sopravvivenza.

Il protagonista si accorgerà a sue spese di come tra i privilegiati (di cui viene chiamato a far parte) e gli emarginati il solco sia profondissimo, ma anche di come, in realtà, sia molto facile passare dall'una all'altra sponda, attraverso un semplicissimo ribaltamento dei propri valori e della propria coscienza oanche semplicemente attraverso un rovesciamento della fortuna.
Il finale amarissimo ci lascia con l'impressione di aver letto una storia vera, cruda e realistica che, pur senza essere un capolavoro assoluto, si ricorda anche a distanza di anni.
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #8 data: 29 Gennaio 2010, 10:22:57 »
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Citazione da: maxpullo il 29 Gennaio 2010, 08:09:22

Il protagonista si accorgerà a sue spese di come tra i privilegiati (di cui viene chiamato a far parte) e gli emarginati il solco sia profondissimo, ma anche di come, in realtà, sia molto facile passare dall'una all'altra sponda, attraverso un semplicissimo ribaltamento dei propri valori (...)


Cfr. Primo Levi, "I sommersi e i salvati".
In Lager esistevano ebrei che erano considerati "alla pari" dalle SS: quelli che cooperavano ai forni crematori.

E Art Spiegelman, in "Maus", cita la "polizia ebraica" che in Germania andava a stanare gli ebrei nascosti, sperando così di salvare la pelle...

Forse questo post butta in mezzo un tema un po' troppo duro, però la SF parla della realtà, pur attraverso storie che sembrano raccontare mondi altrove.
« Ultima modifica: 29 Gennaio 2010, 10:24:24 di dhr » Loggato
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #9 data: 05 Febbraio 2010, 19:22:13 »
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Realtà e percezione

Cos'è la realtà? La domanda, così posta, può apparire banale eppure, se ci soffermiamo un attimo a riflettere sulla cosa, ci accorgiamo che non lo è affatto: siamo, infatti, talmente abituati a percepire quotidianamente la "normalità" del mondo che ci circonda che trascuriamo del tutto i meccanismi biologici che rendono possibile questa percezione.
Attraverso i cinque sensi di cui siamo dotati, infatti, il mondo esterno ci invia continuamente dei segnali che il cervello interpreta e rielabora opportunamente, consentendoci di percepire le forme, i colori, i suoni, gli odori ed i sapori, ma nessuno può effettivamente affermare con certezza l'oggettività di queste sensazioni.
Se infatti è il cervello stesso ad essere il termine ultimo di tutta questa elaborazione, chi ci assicura che in realtà esso abbia in effetti bisogno di stimoli da elaborare? Chi ci dice che non sia la nostra stessa mente a "costruire" la realtà circostante nel modo in cui ci appare? Del resto, durante il sonno, anche senza stimolazioni sensoriali, siamo perfettamente in grado di percepire una realtà diversa, quella dei sogni, assolutamente indistinguibile dalla realtà della veglia, al punto che molte cose che da svegli ci appaiono assurde o illogiche, nel sogno ci sembrano, invece, perfettamente logiche, reali o plausibili. In uno dei brani più belli e ispirati della produzione di Lovecraft, il bellissimo "La stella polare", il protagonista, dopo un "sogno" vividissimo, si domanda in quale modo possa egli dimostrare la "maggiore realtà" della sua vita durante la veglia ed arriva a chiedersi se piuttosto la vera realtà non sia quella che vive notte dopo notte nel suo sogno ricorrente.
Questa considerazione, portata all'estremo è alla base della teoria filosofica del "solipsismo" secondo cui tutto quello che l'individuo percepisce viene in realtà creato dalla propria mente, ma, anche senza spingersi troppo in là con considerazioni filosofiche, è perfettamente plausibile pensare che, attraverso una particolare stimolazione del cervello, sia in effetti possibile portarlo a percepire una realtà "individuale", assolutamente indistinguibile da quella oggettiva, quella che viene definita "realtà virtuale".
Di recente mi è capitato di leggere un romanzo davvero bello e interessante sull'argomento: si tratta di "Ai due lati del muro", di Francesco Grasso, vincitore del Premio Urania nel 1991 e pubblicato come Urania 1189 che è il libro che voglio presentarvi oggi nella rubrica.

  Devo ammettere che avevo aperto questo volume con tante aspettative, perchè di Grasso avevo già apprezzato molto il racconto "Nel ventre di Napoli", apparso sul Millemondi 14 "Strani giorni" e posso dire che l'ottima impressione del racconto sia stata pienamente confermata anche da questo romanzo.
Il libro affronta in modo brillante e avvincente il tema della realtà virtuale, catapultando dapprima il lettore in un incubo carcerario e poi sorprendendolo con una serie di trovate che, se da un lato fanno decollare la storia in modo imprevisto, dall'altro lo portano a riflettere su quello che viene comunemente definito come "la realtà".
La vivida esperienza carceraria del protagonista, infatti, è solo il punto di partenza per una acuta e intelligente serie di considerazioni sul concetto stesso di realtà e sull'inganno che può essere perpetrato a danno dei sensi attraverso cui la percepiamo. Ho particolarmente apprezzato il velato ma chiarissimo accenno al solipsismo che, non solo è riuscito a riecheggiare in modo abbastanza fedele quella che è una mia comune riflessione sull'esistenza, ma l'ha anche arricchita con una ulteriore considerazione sull'esistenza di ulteriori piani di realtà che verranno scoperti solo al momento della nostra morte.

Ma se da tutte queste mie considerazioni vi aspettate di leggere un romanzo "filosofico", vi sbagliate perchè nel libro c'è anche tantissima azione e non mancano colpi di scena, indagini serrate, sparatorie, amore, trovate ed emozioni: solo il finale è un po' deludente e scontato ma non tale da rovinare l'impressione di aver letto un vero capolavoro.
Senza alcun dubbio, uno dei migliori romanzi di FS "Made in Italy" che mi sia capitato di leggere.
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« Rispondi #10 data: 06 Febbraio 2010, 11:37:47 »
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Quando si legge un capolavoro

"Sono rimasto folgorato da questo libro. Il libro potrebbe essere una fonte di citazioni da imparare a memoria e da snocciolare alla bisogna. Bello. Tappa obbligatoria del percorso verso le stelle del lettore di fantascienza."
(Gundam 70)

"Più che un romanzo è una riflessione acuta e intelligente, satirica e impietosa sulla scienza asservita agli scopi politici e militari, sugli scienziati e le loro responsabilità di fronte alla distruzione del mondo, sulla assoluta stupidità umana e sulla sua inevitabile fine. Ma si parla anche di religione, di libertà, di società, di letteratura. Un capolavoro, ancora fantascientifico, di uno dei più grandi scrittori del Novecento."
(Darkyo)

"Una tappa obbligata per il lettore di fantascienza"
(rombetto)

"Vonnegut è inimitabile!"
(squeezo)

Un capolavoro è un libro che al di là dei gusti personali, delle idee politiche e religiose e della cultura del tempo in cui lo si legge, mette sempre tutti d'accordo. Ma non solo: un vero capolavoro trascende non soltanto l'epoca in cui viene scritto, ma anche i confini definiti tra i diversi generi letterari, per divenire un "classico" della letteratura che non è più soltanto fantascientifica, ma espressione del pensiero umano nella sua forma più libera e bella.
L'anno scorso mi capitò di leggere "Solaris" di Stanislaw Lem e ne fui entusiasta nonostante sapessi già di avere tra le mani un capolavoro perchè avevo già gradito ed apprezzato la trasposizione cinematografica di Soderberg, ma quest'anno la sorpresa è stata molto più grande, perchè "Ghiaccio-nove" di Kurt Vonnegut, Urania 1383, nonostante gli entusiastici commenti degli altri lettori, lo avevo preso quasi per caso dalla libreria, attirato più dal quel suo colore verdino che lo faceva spiccare tra le altre costole che dal titolo o da altre cose.
Ma quando si legge un capolavoro ci si accorge subito che si sta leggendo qualcosa di speciale, un libro destinato a rimanere impresso a lungo nella memoria e ad alimentare quell'elenco di libri imprescindibili e ideali che ognuno di noi si porta dentro per tutta la vita.
Ed è per questo che, per presentarlo degnamente, ho deciso di far precedere il mio commento da quello degli altri "predecessori" nella sua lettura, non già per un appoggio della mia personale valutazione, ma per far capire che questo non è un libro come tutti gli altri e merita una vetrina speciale.

  Sono stato a lungo indeciso sulla valutazione da dare ed alla fine ho deciso che questo capolavoro, meriti davvero un voto alto, perchè è un libro assolutamente fuori dal comune che è stato in grado di darmi, pagina dopo pagina, quasi le stesse identiche sensazioni di un'altra grande storia da me molto apprezzata, quella di "Cent'anni di solitudine".
Il libro di Vonnegut, infatti, al pari del capolavoro di Garcia Marquez, si caratterizza per una trama geniale e surreale allo stesso tempo, in cui l'importante non è seguire le connessioni o la logica dei vari passaggi tra un episodio e l'altro, quanto piuttosto godere dell'atmosfera brillante ed ironica che si viene a creare ed apprezzare la magia che l'autore riesce a restituire al mondo, dando l'impressione che le cose che accadono, pur sembrando apparentemente sconnesse o casuali, sono in realtà inserite in un piano assai vasto che non riusciamo a comprendere nella sua interezza.
Sebbene la storia si configuri come una intelligentissima e graffiante satira nei confronti della scienza asservita a scopi bellici, il libro riesce a non annoiare mai, mantenendo costantemente uno stile brillante e divertente in cui diviene spontaneo e naturale non solo accettare le continue ed inspiegabili coincidenze che capitano al protagonista, ma in cui è facile anche apprezzare i continui riferimenti alla religione Bokononiana ed alle sue inverosimili massime.

E' un libro che non si dimentica facilmente: una brillante perla dal finale amarissimo e dalle pessimistiche conclusioni che riesce a dire tutto quello che deve dire in modo geniale ed inconsueto, dipingendo un quadro lucido e spietato dell'uomo, dei suoi comportamenti e soprattutto della sua stupidità.
Raramente capita di leggere libri così.
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #11 data: 07 Febbraio 2010, 21:31:21 »
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Oscar Chiconi e Karel Thole: il mistero della copertina dell'Urania 1189

Una domandina veloce veloce per gli appassionati.
Tutti sanno (o dovrebbero sapere) che la copertina dell'Urania 1190 (Metà P - metà S) è un tributo del pittore argentino Oscar Chiconi al grande Karel Thole: nell'immagine infatti, tra gli artigli di un alieno seduto ad un tavolo assieme ad alcuni grandi della FS, appare la copertina dell'Urania 735 (Sogno dentro sogno) e, all'interno del volume stesso, la copertina viene di fatto indicata come opera di entrambi gli artisti.
Quello che non tutti sanno, però, è che anche la copertina del numero precedente, Ai due lati del muro di Francesco Grasso, l'Urania 1189 appena recensito, viene indicata come opera di entrambi gli artisti.
Qualcuno sa spiegarmi in che misura i due collaborarono alla realizzazione di questa immagine (peraltro piuttosto bruttina)? Forse Chiconi rielaborò una immagine prodotta in precedenza da Thole? Ed in questo caso sapreste indicarmi quale?
Oppure più verosimilmente la redazione dell'epoca confuse l'attribuzione di questa copertina anticipando la dicitura che sarebbe apparsa nel numero successivo?
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #12 data: 07 Febbraio 2010, 22:08:41 »
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Citazione da: maxpullo il 07 Febbraio 2010, 21:31:21

Oscar Chiconi e Karel Thole: il mistero della copertina dell'Urania 1189
Oppure più verosimilmente la redazione dell'epoca confuse l'attribuzione di questa copertina anticipando la dicitura che sarebbe apparsa nel numero successivo?


Propendo per questa ipotesi, in quanto non vedo nulla di tholiano (e, purtroppo, molto di sinistramente argentino) nella copertina.

Fra l'altro, la pagina di "mondourania" in cui sono riportate le 2 copertine mi ha dato l'occasione di riscoprire uno
dei titoli (inteso proprio come nome italiano dell'opera) più banali e "loffi" dell'intera collana: "Missione pericolosa"!
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #13 data: 08 Febbraio 2010, 08:10:45 »
Cita


Citazione da: loacker il 07 Febbraio 2010, 22:08:41


Propendo per questa ipotesi, in quanto non vedo nulla di tholiano (e, purtroppo, molto di sinistramente argentino) nella copertina.

[...]


Io intanto ho "girato" la domanda direttamente ad Oscar Chiconi sperando che non sia passato troppo tempo...
Ma se a voi viene in mente qualcosa nel frattempo fatemelo sapere, eh?  
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Re:I Libri di Maxpullo 2010
« Rispondi #14 data: 08 Febbraio 2010, 09:49:42 »
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Le copertine di Chiconi per me dopo quele di Thole sono state le più belle avute da Urania
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