A Londra un promettente scienziato sta mettendo a punto una macchina di nuovo tipo: e fin qui niente di eccezionale. Siamo nell'età delle macchine, lo sa anche la Regina Vittoria che veglia benignamente sull'impero britannico ancora indisturbato. Ma questa è un'invenzione particolare, molto particolare. William Gibson e Bruce Sterling, i due massimi autori del cyberpunk, si sono documentati coscienziosamente e affermano che nell'Inghilterra vittoriana qualcuno tentò di costruire il primo computer. Possibile, un computer prima dell'elettronica? Altroché. Da questo momento in poi, tutto può accadere e molto probabilmente il corso della storia verrà modificato. Se, infatti, il computer vittoriano funzionasse realmente, per l'impero comincerebbe una nuova era. Si creerebbe una realtà alternativa iperscientifica e sottilmente malsana, ma anche piena di gloria per la bandiera che sventola sulle torri di Buckingham Palace. La macchina della realtà è uno di quei romanzi dove l'ipotesi di partenza, di per sé gustosa e paradossale, apre le porte a una ridda di colpi di scena cui il lettore di fantascienza non era più abituato dai tempi di Alfred Bester e dei suoi apocalittici romanzi. E, al tempo stesso, una minuziosa ricerca nel nostro passato e una divertita proiezione verso un futuro che forse non sarà mai, e che pure ci sembra di riconoscere.
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