Parlando delle sue opere il vincitore del Premio Nobel 1998 ha detto che i suoi primi romanzi sono quasi sculture che rappresentano persone e/ o storie. Basti pensare al mancino Balthazar o alla veggente Blimunda, protagonisti del Memoriale del convento, o al correttore (corruttore) di bozze dell'Assedio di Lisbona, fino ad arrivare a Pessoa. .. Poi, nei romanzi successivi, Saramago ha deciso di "entrare" in quelle statue, di andare a vedere alloro "interno" per conoscere il materiale che le forma. È in quest' ottica che bisogna leggere Cecità (la malattia, il male, la violenza che si annida in ognuno di noi) e Tutti i nomi (la vita, la morte, la memoria, l'identità). Con La caverna Saramago vuole infine spingersi oltre l'apparenza, capire che cosa sia davvero la verità (se mai ce n'è una... ) Sceglie quindi di costruire una storia partendo dalla caverna platonica: uomini - forse schiavi - in catene, costretti in un luogo chiuso da dove scorgono solo ombre che si proiettano su un muro, l'unica realtà del mondo esterno che riescono a vedere direttamente. Per loro - per noi? - la verità è dunque ciò che credono di vedere e non ciò che realmente vedono; l'immagine del mondo è forse il risultato di quel che altri - Dio? i mezzi di informazione? il potere? - vogliono che noi vediamo.
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