27 Marzo 2024, 19:32:39Commento scritto da antosimov
Voto: 7.00
Due grandi autori per questo volume.
Poetico bucolico il primo di Simak, avventuroso scanzonato il secondo si Anderson.
Stili completamente diversi che legano bene, hanno in comune due grandi penne.
 
07 Marzo 2024, 19:32:53Commento scritto da capricorno52
Voto: 7.00
Recensione di Cratere e Caverna– Urania collana nro 543 – Clifford Simak Poul Anderson 1970
Il volume contiene due romanzi brevi ed un racconto:  
Clifford Simak ,  è l’autore di "Caverna nel Wisconsin” , un romanzo breve suggestivo ed a tratti poetico la cui trama esalta le caratteristiche della prosa ed i sentimenti di Simak espressi attraverso il personaggio di
Wallace Daniels  che rifugiatosi  in un luogo sperduto per riordinare dopo la morte della moglie ed uno strano incidente d’auto i propri pensieri e scoprire di essere dotato di poteri paranormali che gli permettono di percepire gli eventi accaduti nelle lontane ere geologiche della Terra e di avere percezione di altri esseri non umani.
Racconto pregevole con atmosfere e ambientazioni agresti e bucoliche e potenti suggestioni panteiste.
Voto 7,5
Cratere su Wayland di Poul Anderson è un romanzo breve di stampo avventuroso, che si svolge su una luna di un lontano pianeta ove è naufragato Dominic Flandry agente segreto dell’ Impero terrestre protagonista di tanti racconti di Anderson.
Flandry ha approfittato di una missione d’esplorazione per verificare se vi siano tesori nascosti su Wayland , in compagnia di Djana una avventuriera del suo stampo.
Attaccati da robot sono costretti ad atterrare , vivono,  una avventura spesso ai limiti della sopravvivenza in un mondo di robot, in particolarmente gustosa la parte nella quale i due protagonisti combattono con i robot in una  scacchiera, con tanto di simil scacchi pronti a eliminarli fisicamente ma alla fine riescono a controllare il computer master che governa la luna , quasi impazzito per  la solitudine che ha sofferto per decine di anni.
Per chi ama l’avventura per se stessa.
Voto 7,5
Chiude la raccolta un racconto breve di Irwin Ross, "le conclusioni del colonnello Ward" . Si tratta di una storia piuttosto convenzionale ambientata in una base militare, invasa da  batteri alieni pensanti fuoriusciti da una capsula piovuta dal cielo, successivamente eliminati tramite un bombardamento nucleare.
Ben scritto
Voto 6
 
27 Maggio 2013, 00:15:07Commento scritto da Fantobelix
Voto: 6.50
Due romanzi brevi molto diversi fra loro, ma che non mi hanno catturato e convinto molto.

Ho preferito quello di Simak, sognante, suggestivo e poetico, anche se forse un pò disomogeneo in alcune parti e non ben focalizzato sull'idea di fondo, dispersa in troppe sfaccettature poco utili alla trama ed all'epilogo.
Nel suo genere è comunque interessante e piacevole, meglio se letto senza troppe interruzioni, per non perdere il filo nei cambi di scenario.

Il racconto di Anderson è invece più avventuroso, ma la premessa e l'impostazione iniziale hanno poco a che fare con lo svolgersi dell'azione sulla luna e risultano più un pretesto di sfondo cui è destinato troppo tempo.
Una fs di azione che scorre veloce verso la soluzione.

Il racconto in appendice è innocuo.

Insomma sufficienza facilitata da Simak, ma di questo due autori (che apprezzo) ho letto di meglio.
 
27 Marzo 2009, 20:28:32Commento scritto da Eremita
Voto: 7.50
direi che è un buon 3x2...
due bei romanzi brevi e un racconto d'appendice, tutti niente male...

il primo un po' più profondo... diversità e diversità all'interno della stessa storia...diversità umana, percettiva e diversità aliena, morale, animale...

il secondo più d'azione anche se un po' troppa azione e poca intraospezione...
però l'avventura di una volta è sempre l'avventura...

il racconto d'appendice, originale anche se...
buoni spunti, magari sviluppato meglio ne poteva venir fuori un romanzo breve...

ne complesso un libro valido

dedicato alla memoria di mio padre.
 
09 Marzo 2009, 16:57:14Commento scritto da Giurista81
Voto: 7.50
Antologia formata da due racconti lunghi del biennio 1969/70, più un terzo firmato da Irwin Ross.

Apre le danze un maestro sci-fi come Clifford D. Simak il quale con "The Thing in the Stone" – tradotto con il più generico "Caverna nel Wisconsin" - propone un soggetto, fantastico al 100%, che ricorda famose opere di W.H. Hodgson e del primo James Ballard.

In breve la trama. Un uomo, a seguito di un incidente stradale da cui ha subito impercettibili lesioni al cervello, acquista bizzarri poteri paranormali che non riesce a controllare (Stephen King baserà su questa trovata il suo successivo "La Zona Morta"). Durante la giornata, infatti, si trova improvvisamente catapultato in epoche remote, regredendo di milioni di anni. Viene proiettato nell’era della glaciazione, poi in quella dei dinosauri, infine giunge agli albori della Terra. Riesce anche a captare degli strani messaggi provenienti dallo spazio più profondo che lo portano a rinvenire, all’interno di una caverna, uno strano essere sepolto sotto uno strato roccioso. Si tratta di una creatura immortale esiliata sulla Terra, molto prima dell’avvento dei dinosauri, per decisione di esseri superiori discesi a bordo di astronavi dalle forme mutevoli. A vigilare sull’essere vi è una sfera intelligente fluttuante. Sarà proprio quest’ultima a mostrarsi all’uomo nel momento in cui questo offrirà il suo aiuto all’essere misterioso.

Come si può intuire dalla trama, ci troviamo alle prese con un elaborato metaforico che snocciola contenuti religiosi criptici. Sembra di assistere alla cacciata dell’uomo dal Paradiso: l’essere sepolto nella roccia è stato espulso dal suo mondo per le sue malefatte, ma nonostante questo continua a essere amato dai suoi superiori (la sfera lo considera una pecorella smarrita). Simak regala alcuni passaggi assai interessanti e onirici, ma non lo fa con continuità. Vi sono, difatti, parti lente e altre superflue. Lo stile è semplice (a differenza dei due autori sopracitati), il finale resta aperto.

Dopo un racconto fantastico si passa alla sci-fi pura, almeno in apparenza, con "Cratere su Wayland" (ovvero "The White King’s War") di un altro maestro del genere quale è Poul Anderson. Ho detto in apparenza, perché anche qui si ha a che fare con atmosfere prettamente fantastiche condite da tinte horror. Un pilota di battelli spaziali viene ingaggiato da un imprenditore per dirottare la sua nave su un Pianeta abbandonato che si trova in una porzione di spazio non controllata dall’uomo. L’imprenditore è entrato in possesso di documenti secondo i quali nel pianeta in questione vi sarebbero ingenti quantità di metalli preziosi. I minerali sarebbero scavati e raffinati da robot, diretti da un elaboratore centrale installato - svariati anni prima - da una società poi fallita. L’aviatore accetta l’incarico e una volta sceso sul pianeta misterioso (in compagnia di una donna) verificherà che quanto sperato dal suo datore di lavoro corrisponde a realtà. C’è solo un imprevisto: l’elaboratore centrale, per evitare di restare inattivo, ha organizzato una serie di giochi nell’ambito dei quali le macchine si scontrano tra loro. I nuovi arrivati, dunque, scambiati per macchine evolute, finiscono per essere attaccate dai robot dalle più disparate forme.

Ci troviamo al cospetto di un’opera che ricorda le tematiche di P.K.Dick, ma che le miscela con un certo gusto per le descrizioni oniriche (nebbie gassose, stelle che si eclissano, piogge di neve, robot dalle forme mostruose). Gustosissima tutta la parte con i due protagonisti che penetrano in una sorta di scacchiera, con tanto di pedine pronte a eliminarli. Senz’altro il pezzo migliore dell’antologia.

Chiude la raccolta un racconto breve di Irwin Ross, autore sconosciuto che conta solo questa pubblicazione in Italia. Si tratta di una storia piuttosto convenzionale – intitolata "Le conclusioni del colonnello Ward" – ambientata in una base militare, messa sotto assedio da dei batteri alieni pensanti fuoriusciti da una capsula piovuta dal cielo. È un’opera che ruota attorno al terrore di una guerra batteriologica, evidenziando l’inutilità di armi e apparecchiature di fronte a un nemico tanto invisibile quanto letale. Il testo è scorrevole anche se prevedibile.


Nel complesso, comunque, si tratta di un libro che vale l’acquisto, specie per gli amanti del fantastico (piuttosto che per quelli della sci-fi).
 
03 Marzo 2008, 13:09:04Commento scritto da metalupo
Voto: 7.00
Contiene due romanzi brevi rispettivamente di Clifford Simak e Poul Anderson e un racconto in appendice di autore semisconosciuto (che infatti non ricordo chi sia). Tutti e due i romanzi direi son buoni.

Quello di Simak è più noiosetto, per la sua solita abitudine affezionata alle ambientazioni agresti e bucoliche e perché alcuni passaggi non permettono molto più che la narrazione dal punto di vista del protagonista, senza dialoghi o altre interazioni che avrebbero ravvivato la lettura. Però l'idea e carina (anzi c'è più di una idea), l'ambientazione anche, le immagini potentemente suggestive non mancano.

Il romanzo di Poul Anderson fa parte della serie di racconti incentrati su Dominic Flandry e sulla "storia futura" Andersoniana. Alcuni meriti del racconto si perdono se non si ha chiaro lo scenario di fondo tracciato da Anderson lungo molti racconti. Non per questo è un racconto incomprensibile, dico solo che si apprezza di meno. Deboluccia e scontata l'idea finale. Eccezionalmente vivido, godibile e avvincente tutto lo sviluppo. Anche questo un romanzo con molte più idee di quante se ne son potute sviluppare adeguatamente nel numero di pagine dedicato al racconto (su ben altro registro rispetto alla roba che si scrive oggi - una ideuzza minuscola ogni 500 pagine!!!). Ottimo.

Il racconto d'appendice non manca di fascino e stile... ma insomma, se ve lo perdete riuscirete a sopravvivere lo stesso.
 
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