21 Gennaio 2024, 16:43:37Commento scritto da livigi
Voto: 7.00
A me è piaciuto. Si tratta di un romanzo breve (categoria nella quale ha vinto il premio Hugo), godibile nell'ambientazione e denso di spunti filosofici e spirituali sull'ambiente, sul senso della vita, sul rapporto fra esseri umani e macchine. Proprio  perché è breve, gli spunti restano tali e sicuramente avrebbero meritato uno sviluppo maggiore (alcuni riferimenti al passato del pianeta sono appena accennati, come pure lo sono i temi dell'intervento umano sull'ambiente), ma questo non toglie che sia una lettura gradevole.
Dei due protagonisti, il monaco fa da spalla ed è la figura più schematica, mentre il robot, apparentemente ingenuo e fuori contesto, si rivela saggio e suscita simpatia.
Ho poco apprezzato la leziosità di certi aggettivi, ma forse è un problema di traduzione.

Insomma, non è un capolavoro, ma un'opera abbastanza interessante che (magari proprio per le dimensioni contenute!) merita una lettura.
 
14 Gennaio 2024, 06:04:12Commento scritto da Sentinel
Voto: 4.50
Ebbene sì, con mio sommo rammarico, nonostante sia notoriamente a favore degli autori nelle opere se non altro per lo sforzo che fanno nello scrivere, devo constatare che gli amici di lettura hanno ragione, questo romanzo mi ha lasciato troppo l'amaro in bocca.

“Salmo per un robot” si presenta come un presunto capolavoro utopico, ma delude gravemente le aspettative. La trama scontata incentrata sul monaco Sibling Dex e il robot Mosscap offre poco più di cliché filosofici. La narrazione tenta di essere profonda, ma il risultato è un mix confuso tra le leggende antiche e una presunta ricerca spirituale. Il premio Hugo 2022 per il miglior romanzo breve sembra un’affermazione discutibile, considerando l’assenza di innovazione e la mancanza di una trama avvincente (non metto in dubbio i gusti di coloro che hanno fatto parte della giuria del premio, credo solo che potrebbe aver trascurato opere più meritevoli in favore di una storia che si perde nelle sue stesse ambizioni senza offrire una vera connessione emotiva o intellettuale al lettore.).
Il personaggio di Mosscap, pur presentato come un misterioso ritorno dalle antiche leggende, non è riuscito a suscitarmi interesse e la sua ricerca filosofica sulla necessità umana appare più una forzatura che un approfondimento significativo. La rivelazione della risposta alla sua domanda centrale risulta scontata e poco convincente.
Inoltre, la descrizione del mondo utopico e dell’abbandono delle macchine in favore della natura risulta eccessivamente idealizzata, priva di sfumature realistiche. La costruzione del continente Panga e la divisione del 50% delle terre emerse sembrano più una trovata banale che un elemento di una storia ben articolata.
In conclusione, “Salmo per un robot” sembra più una opera forzatamente ambiziosa che un autentico capolavoro del genere cosypunk.
 
08 Gennaio 2024, 20:23:39Commento scritto da capricorno52
Voto: 5.00
Lettura deludente per la quale condivido a pieno il giudizio del collega Bibliotecario.
Questa  autrice ha lasciato fuori dalla sua ispirazione creativa uno dei fattori determinanti della fantascienza “il senso del meraviglioso” , il risultato è un racconto che difficilmente puo’ passare per fantascienza , né per la trama , ne’ per le ambientazioni , ne’ per le descrizioni scientifiche e tecnologiche , il trattamento esclusivamente  intimistico dei personaggi , la negazione di qualsiasi richiamo all’ epica e la mancanza di qualsiasi emozione che possa essere approfondita dal punto di vista psicologico  appiattisce senza speranza gli unici due personaggi che sono  circondati da fantasmi stereotipati , monache, locandiere etc...
Nel racconto  ambientato su una luna di un remoto sistema , lo scenario è rappresentato solo da una descrizione superficiale senza radici di una società utopistica figlia di una trascorsa società industriale.
Ovviamente non ci è dato sapere il perché di questo cambiamento né l’attuare struttura civile.  
Due sono i personaggi che animano , si fa per dire , questo canovaccio il robot “Cappello di Muschio” ed il monaco del the’ “Sibling Dex”.
Dalla premessa della quarta di copertina, mi aspettavo almeno qualcosa di più sulla trasformazione radicale della società e come una società consumista sia stata sostituita da una società indipendente dal consumismo, dal consumo delle risorse ambientali  e dall’ industrializzazione e  che opera in equilibrio con la natura.
Certo non pretendevo un trattato filosofico sul senso della vita come anticipato in quarta copertina , ma la pochezza dei dialoghi fra i protagonisti riportati alla fine del racconto e conclusi con la reciproca soddisfazione e roba da prima elementare, il che mi fa anche dubitare delle capacità di critica delle giurie preposte alle valutazioni di illustri premi per quali il presente racconto è risultato vincente.  
Forse dovevo Drizzare le orecchie dopo aver letto la deduca che recitava così come segue : "Per chiunque abbia bisogno di una pausa". Ma non mi aspettavo di dover spegnere completamente il cervello.
Ha ragione Biblio  , come possa questa Novella aver vinto un premio Hugo ed essere arrivato secondo al premio Nebula resta un mistero.
Meglio i due racconti riempitivi in coda al romanzo, la cui valutazione non è cosi negativa come il racconto principale.
 
08 Gennaio 2024, 15:36:13Commento scritto da bibliotecario
Voto: 4.00
Un salmo per il robot, primo volume della dilogia Monk and Robot si è rilevata, come mi aspettavo alla luce delle precedenti esperienze con i romanzi editi in Italia dell'autrice, una lettura estremamente deludente.
La delusione provata a fine lettura è stata ancor maggiore di quelle già cocenti dei primi due romanzi, unici tradotti in Italia del Ciclo Wayfarers. Almeno in quei due romanzi, l'autrice, pur privilegiando i personaggi, la loro interiorità e le dinamiche interpersonali tra umani e alieni, a spese di una trama dinamica, almeno nell'ambientazione un poco di fantascienza ce la faceva leggere.
In questo romanzo se si sostituisce il personaggio robot Mosscap con la figura del "saggio selvaggio" e si sposta l'ambientazione, solo di nome, dalla Luna abitabile Panga al nostro pianeta, la lettura non ne verrebbe minimamente inficiata.
La Chambers ambienta la sua novella in un lontano futuro, su una Luna di un pianeta non meglio identificato e ci presenta, probabilmente anche a causa della brevità del racconto, in modo assolutamente superficiale e inverosimile una società utopistica passata da un era industriale/tecnologica sull'orlo dell'apocalisse ambientale ad una del tutto affrancata del consumismo, dall'industrializzazione e dal consumo delle risorse ambientali in perfetto equilibrio con la faune e la flora del pianeta a cui ha riservato in esclusiva gran parte del territorio e che ha concesso senza contrastalo il diritto all'auto determinazione, al libero arbitrio a tutti i robot sino ad allora utilizzati nella produzione industriale, che a causa di un non meglio precisato avvenimento hanno raggiuto l'autoconsapevolezza.
Tutta la trama si riduce nel dialogo esistenziale tra il personaggio principale Dex, un monaco che soffre di una crisi esistenziale, e il Robot Mosscap, ribaltamento della figura del Cylone malvagio mandato a prendere contatto con l'umanità dopo secoli di separazione autoindotta. Questa almeno la parte più interessante dopo una lunga ed introspettiva premessa sulle patunie esistenziali del Monaco Dex e le sue cerimonie del tè.
Dalla premessa della quarta di copertina, mi aspettavo almeno qualcosa di più sul modo in cui le società subiscono sconvolgimenti e cambiamenti a causa di primi contatti con altre culture, ma in realtà ho letto solo di due persone che camminano nei boschi e parlano, parlano e parlano del senso della loro vita, del loro posto nel modo e il fine ultimo della loro vite.
Come possa questa Racconto Lungo aver vinto un premio Hugo ed essere arrivato secondo al premio Nebula resta per me un mistero insoluto.
Noia infinita non lenità neanche dai due racconti riempitivi in coda al romanzo.
Il racconto: Il caso dei crùccioli premurosi, di Nicola Catellani, la cui lettura è resa complicata dal fatto di essere scritto sotto forma di sceneggiatura, è un racconto che al lettore più smaliziato non presenta alcuna sorpresa e il cui andamento è già scontato dopo la prima pagina.
Le pagine del racconto finale, Dusky Parrot di Claudia Zani sono state le migliori di questo Urania ma purtroppo, sono anche state troppo poche per salvarlo.
 
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Nick Parisi