Tratto dal sito di http://www.carmillaonline.com[E' uscita di recente una grossa e ricchissima raccolta di fumetti:
Resistenze.Cronache di ribellione quotidiana, a cura di Claudio Calia ed EmilianoRabuiti, ed. Becco Giallo, Ponte di Piave, 2007, pp. 306, € 18, 00. Gli autorisono una quarantina, elencati sul
sitodella casa editrice, piccola ma combattiva. Riporto la mia introduzione aquesto libro, splendido e importante.] (
V.E.)
Il fumetto può essere veicolo di critica sociale? Sicuramente sì. Non è cheuna forma di letteratura che agglutina arti differenti, fondendosiprincipalmente a quelle grafiche. Un po’ ciò che accade con il cinema, ma conuna virtù ulteriore: quella della sintesi.
Troverete in questa raccolta un esempio straordinario, ed estremamentesignificativo, di ciò che dico. E’ una sola tavola, firmata Nanni [GiacomoNanni, riminese, classe 1971]. Un gatto passeggia su un divano, poi siraggomitola. Dice “Mi annoio”. Qualcuno gli risponde: “Resisti”.
Una semplice battuta? No, una spietata descrizione delcontesto socio-politico-esistenziale attuale. Ma la domanda vera è un’altra. Laletteratura avrebbe potuto raggiungere una simile capacità di impatto con tantaeconomia di mezzi? No, per niente. E il cinema? Ancora meno. Solo il fumettoriesce in imprese del genere. Basterebbe questo a catalogarlo tra le formed’arte più raffinate.
Oggi stanno pian piano scomparendo gli imbecilli che negano al fumetto un ruolocentrale nella nostra cultura. Ecco un bel po’ di storie capaci di costringerela (futura) minoranza al silenzio e alla vergogna. Non illudiamoci, seguiteremoancora a lungo a udire ripetere, in riferimento ai dialoghi di un romanzo, a uncattivo film, a storie reali di infimo spessore, “Sembra un fumetto”, in tonodispregiativo. Chi parla è chi ha in mente, per “fumetto”, Topolinia oPaperopoli. Roba per ragazzini. In realtà ignora l’oggetto di cui tratta, e diquesta ignoranza si compiace. Un imbecille, dicevo.
Ho avuto il privilegio di avere tra le mani, in anteprima, la sceneggiaturascritta da Massimo Semerano per i disegni di Paolo Di Orazio. Un lavoromeditato, rifinito, prezioso, al servizio di una storia atroce e bellissima.Non stiamo parlando di semplici professionisti, parliamo di artisti. Ciò vale pertutti gli autori compresi in questo volume, che non posso commentare e lodaredal primo all’ultimo. Avevano poche pagine a disposizione. Le hanno riempite dispunti, stimoli, trovate geniali. E dosi massicce di critiche al sistema. Unuso approfondito e consapevole di un mezzo straordinario.
Non è un caso se il libro esce sotto il patrocinio di
Radio Sherwood, punto di riferimentoobbligato della sinistra antagonista italiana. Normalmente, da quell’areagiungono comunicazioni goffe, arroganti e noiose, ai limiti della leggibilità.Il fumetto consente invece una comunicazione diretta con gli strati giovaniliaperti a quel linguaggio, e chiusi agli altri. E’ un’arma vincente. Speriamoche il potere – editoriale, culturale, sociale, politico, economico - seguitiancora a lungo a considerarlo attività futile, adatta ai bambini. Quando siaccorgerà che non è così, sarà troppo tardi.
Quanto a me, mi identifico molto col gatto sul divano. Mi guardo attorno e, piùche scandalizzarmi, mi annoio. Tra le mie forme di resistenza, c’è la letturadi fumetti di qualità.