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  Autore  Discussione: A Joint-Venture SF Horror Tale  (letto 725 volte)
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A Joint-Venture SF Horror Tale
« data: 13 Maggio 2010, 11:34:22 »
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9 maggio 2110

Credo che Oirad stia perdendo il vizio di mangiarsi le unghie. L’ho notato ieri, quando gli ho passato il centrifugato da portare in tavola. Abbiamo visto un film di storia, una vecchia cosa del XX secolo presa al Centro studi archeologici, 2001: Odissea nello spazio. Mi piace vedere queste cose. Quando frequentavo il Centro, Karmus mi ha mostrato una foto, un dipinto credo, erano delle figure che un certo Michelangelo aveva dipinto su un muro, parlavano di un dio e altre cose. Non ricordo bene, non potevamo leggere gli archivi per più di due ore alla settimana. Karmus mi ha detto che all’epoca disegnavano con le mani, non so come facessero. Gli hanno detto qualcosa, al Centro grafico dove ha studiato, ma solo qualche accenno. Karmus è bravo a inserire algoritmi, crea le foto per le notizie dei giornali. Ci penso spesso a quel posto, mi piaceva andarci, leggevo supporti di filosofia, storia e arte, avevo chiesto al professore se potevo diplomarmi per lavorare lì ma mi ha detto che erano già in trenta e il Centro non serviva a molto. Credo di aver fatto bene a fare la riconversione neuronale, non raggiungerò i piani più alti al Dipartimento di fisica ma mi ha aiutato. Riesco a capire meglio i numeri e la filosofia non mi attrae più tanto, effettivamente non saprei che farmene.

12 maggio 2110

Oggi al lavoro sono andati a casa in cinque, alla sezione Chimica. Si dice non stessero bene, ma non so molto altro.

14 maggio 2110

Stasera sono stanca, ho provato a vedere un altro film storico ma mi stavo addormentando. Scrivo solo due righe, alla nostra sezione sono rimasti a casa in due, dobbiamo dividerci il lavoro. Credo proprio che Oirad abbia smesso di mangiarsi le unghie.

19 maggio 2110

C’è qualcosa di strano al Dipartimento, la gente continua a stare a casa, non stanno bene ma almeno non deve essere roba infettiva, non tutti i colleghi di chi è stato male si sono ammalati. Da noi mancano in dieci, ma noi stiamo bene, ci sentiamo stanchi ma credo sia per il lavoro.

21 maggio 2110

Era da un po’ che non vedevo Oirad, così sono salita da lui. Sembrava contento di vedermi, gli ho detto di organizzare una cena con gli altri, ha accettato ma era un po’ strano. Forse si è innamorato di Hegratim, eh, eh, ma lui non lo vuole ammettere. O forse no. Di solito lui ha sempre caldo ma ieri aveva i pantaloni infilati nelle calze, si gratta spesso una spalla. L’ho aiutato a mettere i tranci di liofilizzato nell’azoto, era in vena di grande cucina, ho visto che ha le unghie lunghe. Mi sembra che adesso esageri un po’. Angus non si è sentito bene, forse non ha digerito, gli ho detto di restare a dormire da me.

22 maggio 2110

Giornata di escremento. Al lavoro siamo sempre meno, Angus è ancora sul mio divano, non ha mangiato niente, non si è alzato, è molto pallido. Volevo portarlo all’Azienda di sanità ma non ha voluto. Sento dei tonfi da sopra, non so che diavolo è preso a Oirad.

24 maggio 2110

Abbiamo deciso di vederci chiaro. Si stanno ammalando in tanti, non può essere un errore della sezione Chimica, ormai sono passati 50 anni dall’ultima diffusione di sostanze letali, sono state prese tutte le precauzioni ma c’è qualcosa che non va. Abbiamo fatto teleconferenza per chiedere notizie alla direzione, dicono che anche loro non ne sanno niente ma si stanno muovendo. Siamo rimasti in pochi, il Dipartimento sta collassando. Sono tornata a vedere le pitture sul muro di Michelangelo, ho chiesto a Karmus di accompagnarmi ma non ha voluto, dice che sta lavorando su un progetto grafico molto difficile, non vuole distrazioni alla componente cerebrale matematica. Sono andata da sola, mi è venuto il mal di testa, al lavoro non sono riuscita a tenere la media dei 250 logaritmi al giorno.

25 maggio 2110

Anche Lexa si è ammalato l’altro giorno così oggi l’ho chiamato… pronto… posso parlare con Lexa? Ho detto così perché pensavo di aver sbagliato connessione, la videocamera era spenta e non avevo riconosciuto la voce. Mi ha detto che sta male, non riesce ad alzarsi dal letto e gli dà fastidio la luce. C’è qualcosa che posso fare per te? No, niente. Ha riattaccato. C’è qualcosa che non va, ma non riesco a capire. Tonfi da sopra. Ho bussato tanto alla sua porta ma non rispondeva. Non l’ho mai fatto, non l’avrei mai voluto fare ma ho abbassato la maniglia e la porta si è aperta. Aveva convertito tutti i pannelli a notte, la casa era buia, volevo chiamarlo, avvertirlo di quell’intrusione, ma non sono riuscita a parlare. Stava davanti allo schermo, aveva una coperta addosso, non mi ero mai accorta che fosse così alto. Perché era tanto curvo? Stai su diritto, sembra che hai una gobba enorme, non l’ho detto, avevo paura. Credevo guardasse qualcosa di blu sullo schermo, credevo che lo schermo riflettesse blu su di lui. Lo schermo è chiaro. Oirad non ha smesso di mangiarsi le unghie: ha smesso di mangiarsi le unghie della mano sinistra. Ha…hai comprato un cane, Oirad? Non so perché ho così paura, non riesco a mettere a posto i pensieri. Il mio cervello convertito riesce a vedere le dimensioni di tutto ma i numeri non collimano. Oirad si gira a guardarmi. Mi sembra di veder tutto l’amore e tutto l’odio del mondo. Di lui è rimasto poco, in fondo a uno degli occhi vedo un’espressione che mi porta indietro a non più di qualche giorno fa, quando aprivo la porta e me lo trovavo davanti con le braccia cariche di barattoli: stasera cena cchez ttoi, ho già chiamato gli altri. Avevano commesso un lieve errore durante la sua riconversione linguistica e strascicava le parole in francese. A volte avrei voluto mandarlo al diavolo, lui e i suoi stupidi semi nucleari ma eravamo amici da anni. Davvero stavo pensando a quello, mentre si alzava e veniva verso di me? La coperta gli è scivolata dalle spalle e un’ombra si allarga nella stanza, mi sembra di sentire un lieve sibilo, come quelli che si sentono quando si entra nell’Osservatorio di ornitologia, l’unica fonte di luce è lo schermo, quasi bianco, la sua pelle è bluastra e la zampa che avevo visto sotto la sedia non è di un cane, è uno dei suoi piedi. Allunga verso di me la mano senza unghie, una mano stranamente bella, e afferra le mie. Ho così paura che non riesco a muovermi, tiene l’altra mano con gli artigli a penzoloni, come se volesse evitare di usarla per non ferirmi. Guarda le mie mani e, come da lontano, lo sento urlare: perché tu no, perché tu no? Mi trascina davanti allo schermo: ci sono una decina di immagini, persone, no, forse una volta lo erano, cose come lui. Una parte del loro corpo è di una bellezza straordinaria (sul supporto archiviato alla voce Leonardo c’è una figura con le ali che si china verso una donna, io e Karmus ci guardiamo e abbiamo gli occhi lucidi: che cosa ci siamo persi? Il professore del Centro arriva e dice che il tempo è scaduto), l’altra ha tanto orrore dentro da andare oltre la ragione (ecco il loco dove ti convien che di fortezza t’armi… che cosa vuol dire, Karmus? Non lo so. Sta finendo il tempo, memorizziamo le parole, poi torneremo a cercare altro). Credo che i ricordi mi vengano per tenermi legata alla realtà. Oirad cerca di spiegarmi. Sono esseri mutati, sono venti in tutto il mondo, hanno il suo aspetto e sopravviveranno. Gli altri moriranno tutti. Io sono gli altri. Non siamo riusciti ad arrivare in tempo, dobbiamo ricominciare da capo, mi dice. Non so cosa voglia dire, non mi interessa più. Penso alle figure dipinte.


31 maggio 2110

Sono Oirad. Voglio finire questo scritto prima di partire. Allal è morta, non l’ho uccisa, ho solo accelerato la sua fine, eravamo amici, mi ha sopportato tante volte, glielo dovevo. Le altre persone sono ancora in agonia. Sono entrato dalla finestra che ha lasciato aperta, per non farmi vedere da qualcuno non ancora morto. Le ho dato un sonnifero. Ho volato sopra una scogliera e l’ho lasciata cadere dove le rocce erano più appuntite. Solo uno dei miei occhi ha potuto guardare la sua testa che si fracassava sui sassi, l’altro ha visto levarsi un’onda bianca, poi più niente.
by Elena Colombo, Milano
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Re:A Joint-Venture SF Horror Tale
« Rispondi #1 data: 14 Maggio 2010, 12:05:09 »
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su, ragazzi, però. qui c'è una persona senza un interesse specifico per la SF, che di punto in bianco butta giù un raccontino in un linguaggio asciutto, duro, senza sbavature, e atmosfere di tensione descritte con notevole efficacia, con un delicato retrogusto malinconico.
forse nessun dettaglio è nuovo (a parte il fatto che sfido chiunque a inventare qualcosa di nuovo) però l'insieme ha una sua "personalità".
possibile che non le si possa dire una parola? anche consigli e critiche, per carità, anzi.
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